Scalare la marcia

“ed allora rallentò” è il sottotitolo di questo blog, ma ancora non si è parlato molto di downshifting e decrescita.
Vorrei prima chiarire cosa sono downshifting e decrescita, se ne parla molto in giro, è quasi una moda e spesso i due termini si mischiano e vengono usati come sinonimi.

Downshifting, in inglese significa scalare la marcia, rallentare.
Da alcuni chiamato anche Semplicità  Volontaria è riferito soprattutto al mondo del lavoro.
Lavorare meno, lavorare in modo più libero, per poter avere più tempo per se.
Lavorando meno si percepisce uno stipendio più basso, ma lo stipendio non serve più per comprare beni futili, che servono solo ad “apparire” o a farci sentire parte integrante di un sistema.
Serve per pagare il poco che serve veramente. Il resto verrà  da se, “costruito” a poco a poco grazie al tempo libero.
Tempo che serve per recuperare i rapporti con la famiglia, con se stessi, con l’ozio…
L’ozio, quello buono, quello che ci fa venire le idee geniali, che ci fa recuperare i ritmi della natura, che ci lascia il tempo di pensare e respirare.

La Decrescita invece è un movimento incentrato sul rifiuto dell’attuale sistema economico, il sistema del produci-consuma-crepa che fa crescere tanto bene il PIL.
La Decrescita ha fondamenti etici ed ecologici. Si consuma meno per “smontare” l’attuale sistema economico in cui dobbiamo per forza far parte dell’ingranaggio.
I sostenitori della decrescita si dividono in “Puri” o radicali, che sostengono un ritorno ad una vita semplice per contrastare l’esaurimento delle risorse e la devastazione ecologica, oltre a voler uscire dal sistema “occidentale” del consumo a tutti i costi.
E poi ci sono i “Moderati” o sostenibili. Sempre in contrasto con la logica del PIL, consumano meno per vivere meglio. Come nel downshifting, il fine è il ben-essere, ma la spinta è più etica ed ecologica.
In Italia i sostenitori della decrescita moderata sono riuniti nel Movimento per la Decrescita Felice di Maurizio Pallante.

Su Wikipedia come al solito, si trovano esaurienti definizioni corredate di link di approfondimento.

Per quanto mi riguarda, pur avendo delle radicate convinzioni ecologiste, sento più la necessità  di rallentare i ritmi lavorativi.
Mi alzo alle 6.30, esco alle 8.20, timbro alle 9.30. Esco alle 18.00, arrivo dal bimbo alle 19.00, cena, nanna.
Ogni giorno.
E non ho tempo per fare praticamente niente.
Il lavoro d’ufficio mi è sempre stato un po’ stretto. Amo stare all’aria aperta, vorrei poter organizzare le mie ore lavorative secondo le mie esigenze e non secondo quelle imposte dalla timbratrice.
Purtroppo dopo un po’ di anni in questo modo, oramai faccio fatica a godermi il tempo.
Quando faccio qualcosa ho già  in mente quel che devo fare dopo, è tutto organizzato, cronometrato, incastrato al secondo.
Insomma anche se il mio lavoro non è di grande responsabilità , è sempre uno stress continuo…
Da un po’ di tempo, diciamo da quando ho ripreso a lavorare dopo il congedo di maternità , questi ritmi non li sopporto più.
Sarà  che la maternità  ti cambia, le cose si vedono sotto un altro aspetto, il mondo viene visto con occhi diversi, ma adesso sento la necessità  avere più tempo da dedicare a quello che amo veramente.
Chi ha già  iniziato questo percoso dice che ci vogliono almeno 10 anni per passare dall’idea alla realizzazione. Sono solo all’inizio quindi.
Sto leggendo Simone Perotti, Erbaviola, i loro libri e  forum vari. Cerco di mettere insieme i pensieri, quel che mi piace, quel che vorrei fare e quel che posso fare tenendo in mente anche i bisogni della mia famiglia.
Ho già  un paio di idee e di progetti, alcuni di più facile realizzazione (questo blog ad esempio), la casa nuova che dovrebbe darmi più respiro e, spero, tante soddisfazioni, un pensiero ad un eventuale richiesta di part time.

Senza fretta, scalando la marcia, facendo qualcosa di concreto, perchè non voglio che rimangano solo parole. Ce la farò ?

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